Prima strage sulla rotta tunisina. Ecco perché i migranti adesso vengono da lì

E’ l’ennesima tragedia nel Mediterraneo, dove si teme che 30 persone abbiano perso la vita.Una nave della Marina militare tunisina ha speronato per errore in piena notte una barca con a bordo 70-80 migranti: 8 cadaveri sono stati recuperati, mentre 38 tunisini sono stati tratti in salvo, secondo un comunicato del ministero della Difesa di Tunisi. Il timore è pero quello che le vittime siano molte di più, “forse quasi trenta”, ha detto il portavoce dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), Flavio Di Giacomo.

La collisione è avvenuta tra le due e le tre di notte nelle acque Sar maltesi, a circa 54 km dalla spiaggia di El Ataya, nelle isole Kerkennah a ovest di Sfax, e la barca è affondata poco dopo. I soccorsi, coordinati da Malta, sono stati immediati, e hanno coinvolto fin da subito due motovedette della Guardia Costiera italiana salpate da Lampedusa, un’altra della Guardia di Finanza e una nave della Marina Militare.

Il ministero della Difesa tunisino ha aperto un’inchiesta per fare luce sulle cause della collisione che, riferisce un comunicato, sarebbe avvenuta nella fase di avvicinamento della nave per identificare l’imbarcazione sconosciuta.

Gli arrivi di migranti tunisini in Italia sono in netto aumento, secondo l’Oim: 1.400 sono sbarcati sulle coste italiane a settembre, rispetto ai 1.357 dei primi otto mesi dell’anno. Numeri che fanno il paio con quelli forniti dalle autorità tunisine e che confermano la bontà della tesi dell’apertura di una nuova rotta dalla Tunisia, dopo la chiusura di quella libica.

Sempre a settembre, secondo il portavoce della Guardia nazionale, Khalipha Chibani, sono stati 554 gli arresti di migranti, fermati in mare o prima di imbarcarsi, dalle forze dell’ordine tunisine: il triplo rispetto al mese di agosto, con un picco nell’ultima settimana di settembre, complici le buone condizioni meteorologiche. In aumento ovviamente anche il numero dei tentativi sventati di emigrazione verso le coste italiane, 17 solo nella settimana dal 24 al 30 settembre, con l’arresto di 332 persone da parte delle autorità tunisine.

I migranti partono un po’ da tutta la Tunisia, ma soprattutto da Sfax da dove un traghetto di linea li porta fino a Kerkennah, a soli 120 km da Lampedusa, e da lì con vari espedienti si imbarcano verso le coste italiane. A decidere di partire e sfidare la morte sono in gran parte giovani e disoccupati tunisini in cerca di un futuro migliore in Europa.
Le Ong che seguono i flussi migratori da tempo chiedono l’apertura di corridoi umanitari per evitare che tragedie come quella odierna possano ripetersi, e politiche migratorie più rispettose dei diritti umani che tengano conto delle esigenze specifiche di tutti i paesi che si affacciano sul Mediterraneo.

L’imbarcazione affondata ieri era uno dei tanti «barconi fantasma» che stava facendo rotta verso la Sicilia con un «carico» di una settantina di migranti. La rotta, sempre la stessa: partenza dalla Tunisia direzione le spiagge dell’Agrigentino o, in alternativa, le isole di Lampedusa e Linosa. Un copione che questa estate si è ripetuto decine di volte. Ma stavolta è accaduto l’irreparabile: è la prima, grande tragedia della rianimata rotta tunisina.

Dalla Tunisia partono solo tunisini, che con barconi in legno un po’ più sicuri e affidabili dei gommoni cinesi usati dai trafficanti libici, arrivano fin sulle coste dell’Agrigentino. Lì i migranti abbandonano la barca con il motore ancora acceso, si cambiano i vestiti inzuppati e si disperdono nelle campagne da dove raggiungono la stazione di Agrigento.

«Abbiamo un sospetto: che alcuni trafficanti si siano spostati dalla Libia alla Tunisia per proseguire i loro traffici di uomini. Ma questo non basta a spiegare il fenomeno». Flavio Di Giacomo è il portavoce italiano dell’Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni. Ecco una sua intervista a La Stampa:

Quali altre ragioni ci sono dietro la riattivazione della rotta tunisina delle migrazioni?
«In Tunisia c’è una crisi economica dura: la disoccupazione è alta, il dinaro si è svalutato e cresce la dispersione scolastica. La gente emigra perché cerca una vita migliore e l’Europa è lì di fronte. Di quelli di cui abbiamo notizia, solo a settembre ne sono partiti 1400 mentre erano stati 1357 in tutti i precedenti otto mesi dell’anno».

Ma perché tutti adesso? Si parla di amnistia e carceri aperte e dunque dell’arrivo in Italia di molti che hanno precedenti penali.
«Ogni anno per la festa del sacrificio in Tunisia c’è un indulto e vengono liberati detenuti per reati minori con condanne di appena due o tre mesi. Ma non è questo il punto, sono tutti migranti economici per i quali l’Italia è solo uno Stato di passaggio: vogliono andare in Francia dove conoscono la lingua e hanno una rete di partenti e amici».

E i trafficanti che si sarebbero spostati dalla Libia?
«Lo sospettiamo, appunto, ma solo per fare i soliti affari. Questa tunisina non è l’alternativa alla rotta libica. I migranti sono tutti tunisini, le ragioni di questo ritorno alla migrazione del dopo-primavere arabe del 2011 va cercato in Tunisia. D’altronde, sembra di essere tornati proprio a sei anni fa, quando a Lampedusa arrivavano solo tunisini».

Secondo lei perché partono sapendo che, se vengono scoperti, dovranno tornare in Tunisia, in quanto migranti economici?
«Perché molti riescono a far perdere le loro tracce. E poi, c’è anche da dire che gli accordi di rimpatrio tra Italia e Tunisia prevedono un certo numero di persone all’anno. Fino all’anno scorso quel numero era più che sufficiente. Con i dati attuali temo invece che presto il tetto sarà raggiunto».

Si parla anche di migranti tunisini che in realtà sarebbero terroristi, visto che dalla Tunisia in passato sono partiti tanti foreign fighters dell’Isis.
«Su questo noi non abbiamo alcuna informazione».

Fonte: http://www.tp24.it

 

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